Fino
a qualche hanno fa si parlava, soprattutto in campo medico, di
persone (più esattamente pazienti) in pericolo di morte. Questi
pazienti erano coloro che rischiavano di morire in seguito ad un
qualche evento: malattia, incidente, ecc. Tutte queste persone
avevano la propria vita a rischio e, quindi, c'era il pericolo che
sopraggiungesse la morte.
Un
esempio pratico: vicino ad apparecchiature sotto tensione si trova
l'avviso di pericolo di morte. Ciò significa che se si tocca quella
apparecchiatura si può morire... può sopraggiungere la morte è,
quindi c'è il pericolo di morte.
Oggi,
invece, si usa l'espressione "in pericolo di vita". Sembra
come se si teme che una persona possa vivere: quella persona non ha
la vita (quindi è morta) in pericolo, ma è a rischio (quindi c'è
il pericolo) di vita... sarà uno zombie?
Scherzi
a parte, sembra come se ci fosse la paura di parlare di morte. Come
se parlando di morte essa comparisse. La morte, come tanti altri
eventi, accadono indipendentemente dal fatto che se ne parli o meno.
Se
dovessimo utilizzare l'espressione "in pericolo di vita"
allora dovremmo (riprendendo l'esempio di prima degli apparecchi
sotto tensione) cambiare il cartello con "Pericolo di vita".
Io, se vedessi un cartello del genere mi metterei subito nella
condizione di rischiare di vivere...senza pensarci due volte.
Allora
diciamo le cose come stanno: quella persona è in pericolo di morte
oppure la vita di quella persona è in pericolo, ma non che è in
pericolo di vita.
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