AVVERTENZA:
il
presente articolo non ha assolutamente la pretesa si volersi
sostituire ad uno dei numerosi testi di economia e/o materie fiscali,
ma vuol essere soltanto una spiegazione abbastanza semplice e
completa di cosa sia l'IVA. Per una trattazione più approfondita
dell'argomento consiglio di consultare uno dei numerosi testi di
economia e/o di materie fiscali.
I.V.A.
(da qui in poi IVA) è un acronimo e sta per Imposta sul Valore
Aggiunto.
Questa
imposta è un regio decreto (quindi una legge voluta dal re durante
il Regno d'Italia) e poi divenuta un decreto del Presidente della
Repubblica quando l'Italia divenne una repubblica.
Ma
esattamente in cosa consiste questa imposta? Attualmente (Aprile
2019) l'aliquota IVA su moltissimi prodotti è del 22% anche se ci
sono prodotti con un'aliquota inferiore. In ogni caso essa è un
imposta che viene aggiunta sul prezzo finale del prodotto. Quindi se
un prodotto ha un costo di, ad esempio, € 100,00, aggiungendo
l'aliquota IVA del 22% esso avrà un costo di € 122,00.
Questi
soldi in più vanno a finire direttamente nelle casse dello stato.
Il
motivo per cui fu introdotta e viene tutt'ora mantenuta questa tassa
è, secondo una corrente di pensiero molto comune, è che questi
soldi servono allo stato per poter mantenere determinati servizi
definiti essenziali.
Tale
pensiero è in parte sbagliato perché già esistono delle tasse atte
a mantenere questi servizi. L'IVA serve a fare in modo che ci siano
sempre soldi per questi tipi di servizi, ma non è l'unica entrata
per detti servizi. Se non ci fosse l'IVA ci sarebbe un conseguente
aumento delle tasse.
Però
l'IVA non è inserita soltanto sui prodotti, ma anche sui servizi.
Infatti
un professionista (una qualsiasi persona che esegue la libera
professione o imprenditore), quando fornisce una consulenza ed
esibisce la sua parcella applica la medesima aliquota IVA: anche in
questo caso sono soldi che vanno interamente versati allo stato.
Però
esistono alcuni casi in cui è lo stato a dover rimborsare ad un
cittadino l'IVA. Ciò avviene quando una persona, in possesso di
partita IVA, acquista un prodotto che gli serve per poter esercitare
la sua professione. In questo caso, se ha richiesto la fattura, si
può richiedere il rimborso dell'IVA o utilizzare questo credito come
compensazione per pagare le altre tasse.
Però
c'è anche un rovescio della medaglia. Supponiamo che una persona
acquista un computer che gli serve per poter continuare la sua
professione. Su tale prodotto la garanzia, in Italia, è di almeno
due anni: in alcuni casi può essere superiore, ma dev'essere
specificato.
Nel
caso di emissione di fattura da parte del commerciante a favore del
consumatore la garanzia è di solo un anno.
Ciò,
secondo una corrente di pensiero, è dovuto al fatto che se l'IVA non
viene rimborsata la casa produttrice può riparare o sostituire il
computer (riprendendo l'esempio fatto) riprendendo i soldi dall'IVA.
Anche
tale corrente di pensiero è molto comune, ma totalmente sbagliata.
Infatti la casa costruttrice ripara o sostituisce il computer sempre
a proprie spese proprio perché i soldi dell'IVA vanno nelle casse
dello stato.
Questa
voce è stata messa in giro da una o più persone per giustificare
questa “stranezza” della differenza del periodo di garanzia.
A
questo punto si potrebbe pensare che l'IVA sia solo un'imposta
italiana. Ciò è vero, ma solo in parte. Nelle altre nazioni
esistono delle tasse chiamate dazio, tassa di possesso, ecc. Anche se
il nome cambia alla fin fine non sono altro che una variate dell'IVA:
quindi cambia il nome, ma non la sostanza.
Per
completezza d'informazione aprire la partita IVA, mantenerla e
chiuderla non ha nessun costo. Comunque gli stessi commercialisti
consigliano di non aprire la partita IVA se non a fronte di una certa
entrata annuale.
Il
motivo è molto semplice. L'IVA dev'essere pagata trimestralmente e
se, per un qualsiasi motivo, in un trimestre si fattura molto di meno
rispetto agli altri, secondo l'Agenzia delle Entrate, molto
probabilmente si tratta di evasione fiscale e quindi scatta un
controllo della guardia di finanza.
Se
non si ha una certa entrata è comunque possibile emettere una
semplice ricevuta fiscale. Essa si può emettere avendo solo il
codice fiscale (quello ci viene dato in automatica alla nostra
nascita). In questo caso l'IVA si chiama ritenuta d'acconto ed è
della stessa aliquota dell'IVA. La differenza tra fattura e ricevuta
consiste nel fatto che essa può essere fatta solo per l'erogazione
di un servizio (quindi non per l'acquisto di un qualsiasi prodotto) e
la ritenuta d'acconto dev'essere versata dal committente o da chi
fornisce il servizio ed è specificato sulla ricevuta fiscale.
Inoltre non è previsto nessun rimborso. Inoltre l'emissione di una
fattura comporta anche il versamento di soldi per vari servizi tra
cui quello pensionistico, mentre con la ricevuta fiscale ciò non
esiste.
Concludendo
l'IVA è nata nel regno d'Italia e mantenuta nella repubblica
italiana e, attualmente, è al massimo pari al 22% del prezzo del
prodotto o servizio.
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