I
circuiti elettronici sono soggetti ad usura come i congegni
meccanici. Ovviamente l'usura è di tipo diverso: nei congegni
meccanici l'usura deriva dallo sfregamento delle varie parti
metalliche tra di loro, mentre nei circuiti elettronici, non
essendoci parti in movimento, l'usura deriva dal passaggio di
elettroni (energia elettrica o corrente). Il passaggio di queste particelle provoca un
surriscaldamento piuttosto contenuto dei vari circuiti. Quando questo
surriscaldamento è troppo alto il circuito o i circuiti si fondono e
quindi si rompono.
La
causa più comune di un surriscaldamento di un circuito è l'usura
stessa: un circuito usurato non permette più un passaggio fluido
della corrente e si sovraccarica, quindi si surriscalda e fonde.
Però
esiste anche un altro modo perché si verifichi un surriscaldamento
di questi circuiti: immettendo intenzionalmente una tensione
superiore a quella per cui un qualsiasi circuito è stato progettato.
Per
fare ciò esistono vari metodi tra cui, il più semplice, è quello
di fornire una tensione d'entrata superiore a quella consentita.
Però
in questo caso bisogna sapere se esistono uno o più circuiti di
controllo della tensione: quasi tutti i circuiti elettronici di oggi
hanno, a monte, un circuito (che potrebbe essere un semplice fusibile
o qualcosa di più complesso) che si “sacrifica” al posto del
circuito posizionato di seguito nel caso la potenza in entrata sia
superiore a quella consentita.
Però
esiste un modo per aggirare tale ostacolo.
In
pratica un campo elettromagnetico genera un tensione (quindi una
certa potenza) all'interno del suo raggio d'azione.
Il
campo elettromagnetico rende inutili i circuiti di controllo perché
la potenza che va ad interessare i vari circuiti non proviene da un
unico contatto, ma da tutti i contatti. Quindi il circuito di
controllo, situato a monte, potrà impedire solo l'immissione di una
certa tensione all'ingresso del circuito, ma non potrà fare nulla
all'interno del circuito da proteggere.
A
questo punto sorge un problema o, per meglio dire, una determinata
condizione: la potenza del campo elettromagnetico.
Perché
quest'ultimo possa generare una corrente indotta di una certa potenza
dev'essere molto potente anche il campo magnetico.
Un
congegno che generi una campo magnetico di tale potenza è la bomba
nucleare
(http://curiosity100.blogspot.com/2017/11/quali-eventi-si-creano-dopo.html).
Ma questo effetto secondario di un esplosione nucleare quanto può essere potente?
Il
9 Luglio 1962 venne fatta esplodere una boma nucleare a Honolulu.
L'esplosione venne causata dagli Stati Uniti d'America per studiare i
vari effetti dell'esplosione nucleare.
In
questa occasione si notò che si era
venuto a creare un impulso elettromagnetico (IEM oppure in inglese
EMP – Electromagnetic pulse)
di
forte intensità. Infatti, questa impulso elettromagnetico (da qui in
poi EMP) fu in grado di indurre elevate correnti nei dispositivi
elettrici e elettronici anche posti a notevoli distanze. I picchi di
corrente in alcuni casi furono di entità tale da generare il calore
sufficiente a portare a temperatura di fusione i circuiti o a
interrompere i fusibili.
Si
dimostrò, quindi, la potenziale capacità di ottenere pesanti danni
su vasti territori, pur senza causare direttamente perdite di vite
umane, ma rendendo inefficienti i sistemi elettrici ed elettronici.
I
resoconti più completi si hanno sugli effetti sperimentati sulle
isole Hawaii nel caso della esplosione Starfish Prime, un test
nucleare che portò all'esplosione a 400 km di quota di una testata
da 1,4 Mton il 9 luglio 1962. Gli effetti EMP furono evidenti anche a
oltre 1.300 km di distanza e le misurazioni portarono ad una prima
comprensione del fenomeno.
Ma
cosa succede esattamente quando un EMP interessa dei circuiti
elettronici?
Questo
intenso flusso di energia elettromagnetica può essere generato per
effetto Compton o fotoelettrico. In entrambi i casi si può avere
generazione di elettroni ad alta energia ed è ipotizzabile l'impiego
di ordigni esplosivi in grado di sfruttare questi fenomeni fisici
stimolando l'emissione di elettroni dei materiali di cui sono
costituiti o dei mezzi circostanti.
Gli
intensi campi elettrici e magnetici risultanti possono accoppiarsi
con gli apparati elettrici o elettronici circostanti creando
extracorrenti o picchi di tensione in grado di danneggiare i
circuiti.
Normalmente
questo tipo di effetti associati alle esplosioni è nascosto dagli
effetti della deflagrazione nel caso di esplosioni convenzionali, ma
è più evidenziabile in raggi di azione molto più vasti nel caso di
detonazioni nucleari o di ordigni progettati specificamente per
generare una “onda d'urto elettromagnetica”.
Quali
sono i componenti elettronici a rischio?
I
componenti soggetti a questo tipo di danni sono (elencando in ordine
decrescente di vulnerabilità):
- circuiti integrati (IC), processori (CPU), componenti a base silicio in genere.
- transistor.
- valvole termoioniche.
- induttori e motori.
Da
questo si evince che la tecnologia a transistor è più vulnerabile,
mentre le vecchie apparecchiature a valvole potrebbero sopravvivere a
questi attacchi.
Il
motivo di ciò è molto semplice: i transistor utilizzano delle
tensione molto basse (al massimo 9 volt) e quindi sono più sensibili
ad una tensione molto alta. Le valvole termoioniche invece lavorano
in alta tensione (12.000/13.000 volt) e quindi sono meno sensibili a
picchi di alta tensione.
In
ogni caso possono comunque essere danneggiate.
Per
proteggere i circuiti elettronici più importanti si può fare
ricorso a dedicate schermature come le gabbie di Faraday.
La
bomba nucleare è l'unico ordigno capace di generare un EMP così
forte?
Purtroppo
o per fortuna (dipende dai punti di vista) la risposta è negativa.
Continuando
gli studi sugli EMP si è riusciti a creare delle E-Bomb.
Queste bombe quando esplodono non creano molti danni alle cose e alle
persone: l'emissione
fotonica e lo spostamento d'aria non sono molto forti e la ricaduta
del pulviscolo radioattivo è nullo. Quindi non crea molte vittime e
questo è un bene.
Però
distrugge tutti i circuiti elettronici in raggio molto ampio (anche
superiore ai Km 1.300 menzionati prima) e quindi paralizza sia le
postazioni militari sia quelle civili: e questo è male...visto che
il panico tra i civili può portare a numerose vittime per vari
motivi.
Comunque
all'epoca in cui Reagan era Presidente Degli Stati Uniti d'America è
stato raggiunto un accordo con l'URSS sul non impiego di questo tipo
di armi.
Per
una semplice curiosità riporto qui di seguito come è possibile
creare un generatore EMP.
ATTENZIONE:
le spiegazioni seguenti non suggeriscono affatto come creare un
generatore EMP capace di provocare ingenti danni. Il suo raggio
d'azione è di qualche metro e ad un'intensità molto bassa. Per
costruire un generatore EMP più potente servono ben altri materiali.
Tuttavia è bene seguire scrupolosamente le seguenti norme:
- non azionare il generatore in prossimità di dispositivi medici o computer; se porti un pacemaker, non utilizzarlo;
- il generatore può danneggiare i transponder o i sistemi di identificazione a radiofrequenza;
- in alcuni Paesi è illegale usarlo per danneggiare la proprietà o interferire con dei servizi;
- è molto pericoloso lavorare con la corrente elettrica ad alta tensione; utilizza sempre tutti i dispositivi di protezione e rispetta le procedure di sicurezza per evitare di danneggiare gli oggetti o ferire le persone.
La
presente parte è stata inserita a puro titolo esemplificativo e
l'autore non è assolutamente responsabile dell'uso di tale congegno.
Uno
dei dispositivi preferiti dagli scrittori di fantascienza e dagli
sceneggiatori dei film d'azione è il generatore di impulsi
elettromagnetici (EMP). Un EMP è in grado di mettere fuori uso tutti
gli strumenti elettronici che si trovano all'interno del suo campo
d'azione; fare attenzione, però, perché potrebbe rivelarsi
pericoloso, e monitorare attentamente i bambini nel caso volessero
cimentarsi in questo progetto anche se non si sarà in grado di
generare un EMP simile a quello che si è visto nei film "Matrix"
o "Ocean's 11"; il dispositivo che si sta per costruire è
adatto ai piccoli strumenti elettronici.
Per
questo progetto si ha bisogno di un circuito stampato e del
condensatore di una fotocamera monouso; inoltre servono:
- Saldatore;
- Filo di rame leggermente isolato;
- Interruttore;
- Nastro adesivo;
- Cacciavite piatto;
- Pinze;
- Cavo con anima;
- Pinza spellacavi;
- Carta vetrata;
- Un oggetto circolare del diametro di 5 cm.
- Un alloggiamento per la batteria
- Un multimetro per misurare la differenza di potenziale (il multimetro è uno strumento che permette di misurare la tensione elettrica di un circuito; non è indispensabile per questo progetto, ma fornisce dei dati sulla differenza di potenziale ai capi del condensatore).
- Procurarsi una macchina fotografica monouso. Non deve essere un modello elaborato, è sufficiente quello più economico che si può trovare al supermercato. Prima di smontare la macchina, si verifichi che tutta la pellicola sia stata usata.
- Aprire l'involucro. Usare un cacciavite piatto per fare leva e aprire con cautela la struttura esterna della fotocamera; abbiate cura di non toccare il circuito stampato o qualsiasi altro componente metallico.
- Indossare un paio di guanti di gomma. Si deve lavorare con elementi sottoposti a un'elevata tensione elettrica e si potrebbe prendere una scossa molto dolorosa nel caso si toccasse il condensatore del flash (che possiede circa 300 volt).
- Individuare il condensatore. Si tratta in genere di un componente cilindrico, di colore nero con due cavetti che escono dal fondo.
- Scaricare il condensatore. Usare uno strumento dotato di manico isolato per evitare scosse elettriche; deve essere un attrezzo con una parte rivestita in gomma, in modo che l'elettricità non possa raggiungere la mano. Far scivolare la punta del cacciavite fino a toccare uno dei sigillanti del flash e scaricare in questo modo il condensatore. Si può sentire un rapido schiocco seguito da alcune scintille. Una volta generata la prima scintilla, non si deve ripetere questa operazione; mentre si smonta il circuito stampato, continuare a controllare i sigillanti della saldatura vicino al condensatore. Non c'è bisogno di inserire la punta del cacciavite con forza, non si deve danneggiare il resto del circuito per cercare energia elettrica.
- Staccare la scheda elettronica e il condensatore. Dopo aver smontato la fotocamera con cautela, togliere questi due elementi e tracciare un segno sull'alloggiamento delle batterie con un pennarello, per distinguere il lato positivo da quello negativo. Dovreste essere in grado di riconoscere i due poli, perché dovrebbe già esserci una batteria nella macchina. Prima di continuare estrarre la batteria.
- Preparare il cavo. Tagliarlo alla lunghezza desiderata, facendo attenzione che non abbia troppo gioco; potrebbero essere sufficienti da 7-8 a 30 cm. Questo cavo connette l'interruttore al condensatore; ricordarsi inoltre di togliere la guaina isolante.
- Saldare il cavo. Collegarlo a uno dei due terminali del condensatore usando un saldatore di qualità per evitare di danneggiare il circuito stampato. Fissare una goccia di colofonia priva di piombo sulla superficie del nucleo, dopodiché scaldare il cavo sulla resina usando il saldatore; il materiale dovrebbe asciugarsi entro breve creando una giunzione solida.
- Unire l'interruttore. Prendere il filo elettrico che è stato appena saldato al condensatore e unirlo all'interruttore sul lato "off". Potrebbe essere necessaria una saldatura, ma la maggior parte degli interruttori è dotata di alloggiamento con una vite proprio per i cavi.
- Preparare la bobina. Avvolgere una striscia di nastro adesivo attorno a un oggetto circolare, avendo cura che il lato colloso sia rivolto verso l'esterno. Sovrapporre le due estremità del nastro, quindi prendere il cavo elettrico leggermente isolato e avvolgerlo per 7-15 volte lasciando spuntare un segmento per collegare i terminali. Fare attenzione a non sovrapporre le spire della bobina e prendersi tutto il tempo necessario per eseguire un lavoro preciso; assicurarsi che il filo sia ben stretto e che non ci siano spazi liberi lungo la spirale. Rivestire la bobina con il nastro adesivo per tenerla ferma. Sfilare l'oggetto circolare dal cavo arrotolato. Tagliare i terminali della bobina alla lunghezza che si desidera, verificando di avere spazio a sufficienza per poter lavorare.
- Togliere la guaina isolante. Usare la carta vetrata per smerigliare le punte del cavo e rimuovere il rivestimento di smalto; questa operazione consente di creare un forte legame fra gli elementi.
- Saldare la bobina al condensatore. Unire un terminale della bobina a uno del condensatore; lavorare con precisione per evitare pasticci. Collegare il tutto al lato opposto dell'interruttore.
- Unire la bobina all'interruttore. Collegare uno dei terminali del cavo arrotolato all'estremità "on" dell'interruttore.
- Attivare il generatore. Quando si è pronti controllare che la batteria sia carica e ben posizionata. Provare il dispositivo su un videogioco palmare; i modelli più recenti, però, potrebbero non funzionare. Inserire lo strumento elettronico nella bobina e girare l'interruttore.
A
questo punto si può osservare, su bassissima scala, quello che
succede: gli eventi che si verificano su larga scala sono gli stessi.
Concludendo
è possibile che un forte impulso elettromagnetico bruci i componenti
elettronici se non sono protetti da una gabbia di Faraday e se non si
tratta di valvole termoioniche, ma l'uso delle E-bomb è comunque
vietato dai vari trattati sugli armamenti dei vari paesi.
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